domenica 19 luglio 2015

Poesie e il libro "Mamma Assunta" di Carmelo Coppolino Billè



Nel cammino

Andai per una strada sconnessa,
in un percorso sempre più buio,
arrestato a volte dalla mia paura,
nella vita passata, presente e futura.
Vidi da lontano tanta gente,
ch’io sconsolato mi fermai stante,
con gli occhi cercai tutto il presente,
continuai camminar passo costante.
Un attimo fu il mio smarrimento,
che persi di sfuggita tutto l’istante,
mi parvero tante linee nel segmento,
che cominciai a percorrerle tutte quante.
Quando m’accorsi che tutti erano strani,
quietai il mio passo, tutto rallentai,
bruciava il mio corpo,mi guardai le mani,
convinto per altre strade andai.
Tutto nell’intorno sembrava mio,
anche il buio pesto della notte,
ma ero solo soltanto col mio io,
ed eravamo vicini a mezzanotte.
Lanciai uno sguardo su nel cielo,
vidi le stelle ancora più brillare,
ma negl’occhi m’è rimasto un velo,
senza paura il mio ricominciare.


Cantico

Un suono lontano,
perché lontano, chissà!
Vicino al mio tempo
rimango da solo,
visto nel cercato
un inutile sfogo
ricadendo nel mistero
più profondo,
il tempo non cancella tempo.
Quando vita si avvita al cielo
tutto traspare come vivo amore…
Solo rincorro il passato,
a stento ricordo il presente,
soffocato, confuso, ammaliato,
stordito e solo.
Urlo possente, valle deserta,
un eco mi torna per incanto
assorbo, medito, con la
mia solitudine,
con la speranza: che l’eco
vada lontano
rimanga con me solo il pensiero
che a volte perdo nel pianto
in un sorriso sforzato e finto…


Cristo

Un Crocifisso appeso,
una storia d’uomini,
guardo, mi soffermo e guardo,
quel volto insanguinato,
quei chiodi trapananti,
quegli occhi d’innocente
quel Padre della gente.
Sentivo nel mio corso,
un attimo d’amore,
perdonali Signore……..
Da vita a più vita
abbasso lo sguardo
un gran rimorso.
Tu Signore Sei risorto,
solo la fede vince,
solo la mente pensa,
da ciò ne deduco:
che il mondo è in pericolo,
e Tu Signore puoi salvarlo.


Lacrime di sangue

Non sono un comandamento, né un rito,
solo colpiscono chi è ferito,
vengono da sole e senza invito,
ecco perché ne parlo e pur le cito.
Hanno trapassato tutto il mio corpo
hanno invaso tutto il mio cammino,
per questo rimasi tutto sporco
e fui lavato solo dal destino.
Vacilla la speranza in ogni istante
perché solo lei è onnipresente,
ma giuro è così pesante,
che mai potrà capir la gente.
Ho sofferto, soffro ancora,
queste lacrime presenti
che non cambiano dimora,
che distruggono li menti,
che rigano di sangue
il mio volto impallidito,
il corpo già mi langue
tante volte ormai ferito.
Ho tentato col pensiero
di salvarlo dal nemico,
per poi esserne io fiero
e convinto a ciò che dico...


Fogli di un libro

Tra le sporcizie d’una via scorgo
fogli d’un libro alla lettura del vento,
raccolgo e raccogliendo leggo,
sotto l’autore sembra di sentir lamento
quanti pensieri rinchiusi, quanta tristezza,
al sol veder quel libro rifiutato
pensare che qualcuno lo disprezza
o forse già lo ha letto ed ha sudato.
Del Dante vi ritrovo un suo sonetto
che mente umana non può giudicare
e piango non con il viso ma con il petto
perché vorrei al mondo mesto gridare:
nelle notti ove Tu riposi e dormi,
c’è chi scrive quei piccoli versetti
e la vista di quel libro è l’uniforme
poss' io raggiunger vette?
Mentre m’affido alla pagina volatoria
a quella stracciata portata via dal vento
e gridando ad alta voce orsia, orsia,
ma volesse il mio Signore che quella
pagina strappata almeno fosse mia.


Padri e figli

Una sanguisuga la vita,
attorcigliata dal tempo
complicità assurda, mordente,
senza spiragli di luce...
Galoppa, incombe, si diffonde,
macinato, cancellato, estinto.
Pesante diviene il passo
dal grato al degrado.
vedo fuggire lontano,
non corro più, come allora,
perdendo il passo, barcollo;
col rospo che soffoca gola intrisa.
Volgo lo sguardo appresso,
dove il ricordo ha sede,
sgretolato dal silenzio.
Lasciando il confuso in ombra...
Metafore astrattismi, non colti,
mendico affetto non fuso,
l’ingorgo intravede passato
lo sguardo lacera innanzi.
Sono stati semi piantati, voluti...
accompagnati d’amore e perdono,
dal gelo e dal vento bruciati
in arida terra, senza germoglio.
Non sono: né alberi né fusti:
solo fragili steli...


Vergogna

Uomini immessi tra uomini,
donne prossime a doglie,
con l’apporto al sostegno di mano
e un vento cancella le orme.
Mentre l’oggi sa sol di Vergogna.
Maturato l’insieme a cultura,
con passaggi che prendono forma;
io padre, singhiozzo il momento
caduto in simile Vergogna.
Attimi di vita avvolti nel grigiore,
scandivano sempre il come fare,
spinto solo dall’amore......
testimoni: notti bianche con pensieri,
ma mai giustifico tale Vergogna.
Scelta spinta dal non amore
con l’alto costo per il morale,
ma vicino per poter guardare,
senza pensare mai alla Vergogna.
Ho trascritto tutto nella vita,
senza credere, tradimento affetto,
sospiri, lamenti, nel mio profondo
trascinandosi dietro tale vergogna.
Se questi sono i figli, io non son più padre;
aldilà dell’infinito, ci sono solo stelle
che registrano dall’alto il veduto
nel bugiardo cammino, con Vergogna.




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Rifugio cristiano

M’accostai per bisogno
alla fede del mio Dio
cercai una grazia grande
offrendo il mio io.
Fui bersagliato di domande
sempre gli uomini a farle
le stesse dell’imbroglio
con le stesse condanne.
Ora mi sento un’altro
libero del mio pensare
in questo rifugio
dove ho trovato amore
dove ho scoperto fede.
Rimane l’impronta del peccato
col grande bisogno d’assoluzione
in questa confusione
dell’esistere...




"Mamma Assunta"




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PREFAZIONE

E’ una narrazione suddivisa in tredici capitoli di varia stesura. L’ A. nel presente testo fa compiere al lettore un coinvolgente viaggio attraverso alcuni segmenti salienti della propria vita intersecati dalla presenza di Assunta Di Giorno conosciuta casualmente quando era ragazzo.
Due vite entrate in assoluta sintonia come per un disegno misterioso. Difatti, quanto si coglie nel solco della scrittura di Carmelo Coppolino Billè ha sotto certi aspetti qualcosa di “incredibile” soprattutto per gli scettici.
Chi è Assunta Di Giorno? E’ una creatura, dice l’A., la cui nascita è avvenuta “a Verbicaro, un Comune della provincia di Cosenza, un angolo della Calabria, attorniato dalla valle e dal piccolo Comune di Orsomarso, dove i ricordi si arrampicano nel tempo, facendo rivivere quelle zone che hanno visto oltre i natali lo stesso svezzamento di lei i cui occhi pieni di lacrime conservano ancora quei momenti di vita che l’ hanno allacciata come un cordone ombelicale alle radici della sua terra e della sua gente…
Infatti si parla del 1930, la sua data di nascita. E’ figlia di una famiglia di nove figli. Suo padre, pace all’anima sua, col vizio del bere, divenendo alcolizzato e manesco, le toglieva dal vivere quella parola che si chiama “sorriso” che mai ha avuto la fortuna di vedere approdare sul suo viso…”.(Pag.12). Questo quadro relativo all’ambiente soprattutto familiare cala subito il lettore in un’atmosfera alquanto eloquente per quanto concerne la vita di Assunta Di Giorno la quale a causa della guerra del 1939-‘45 e delle molteplici sofferenze diventa “...una martire ancora bambina alla ricerca della favola o di quei racconti leggendari di cui la mente di una bimba si nutre… Invece, disturbata dalla malvagità di taluni uomini, si vedeva immersa in quella realtà non fiaba e nemmeno sogno... “Mamma” Assunta non ha mai potuto cancellare questo passaggio della sua giovinezza, perché, anche se giovane, doveva interpretare la parte dell’adulta…”.(Pag.15). E’ una fase esistenziale davvero traumatica che rende questa creatura vittima della scellerata violenza di uomini spregevoli che purtroppo non mancano mai in ogni tempo e spazio.
Uno dei tanti torti che le viene rimproverato duramente è “… il dono di percepire quanto succedeva ai suoi compaesani morti in guerra, additandoli con nome e cognome. Si confidava solo con sua cugina Cettina ed insieme andavano alla posta dove appuravano la verità per mezzo del fonogramma. A casa, se alla madre raccontava qualcosa inerente ai fonogrammi, veniva duramente bastonata. Tutti i giorni questa vita...”. (Pagg.17). La madre giustamente non si rende conto di siffatto mistero e spesso apostrofa la figlia con parole angosciate: “Come fai a sapere queste cose? Chi sei?”. (Pag.17).
Nell’ambiente di Assunta Di Giorno, chiamata affettuosamente “mamma” Assunta, regnavano all’unisono la povertà e la fame. Difatti, la madre “... incitava le figlie ad andare nell’alta montagna dove c’era gente che lavorava…”.(Pag.18). Di solito Assunta andava con la sorella Dora, ... per portare da mangiare agli uomini. Era tanta la fame che neanche il loro cuore si accorgeva che le due bimbe non avevano mangiato nulla. La fame in esse imperava ed erano costrette a raccogliere di nascosto ciò che gli uomini buttavano e lo mangiavano”.(Pag.19). E’ senza dubbio una riprovevole scena realistica di innocenza umiliata.
Persino “... alle sventure accidentali si accavallavano quelle della famiglia. Quando non era pronto da mangiare, era trattata molto male”.(Pag.19). Ovviamente è una vera e propria violenza all’interno dei muri domestici. Di scottante attualità.
Nonostante tutto questa donna cerca “di reagire come una barca alla deriva nelle onde tempestose del mare”. (Pag.19).
Comunque i guai più seri per questa donna arriveranno allorquando “...le visioni della Madonna sono sempre presenti in ogni angolo della sua vita, ma sempre utilizzate per distribuire del bene all’umanità”.(Pag.20).
Come se ciò non fosse sufficiente, “mamma” Assunta ricorda che all’età di sei o sette anni “era sospinta, non sapremo mai da che cosa, ad avvicinarsi alle tombe e colloquiare con i defunti, vederli magari vissuti in epoche diverse ma che facevano di lei la portavoce di qualcosa di strano ma anche di miracoloso...”.(Pag.20). Il lettore senza alcun dubbio si trova davanti ad un assoluto mistero che solo la viva Fede può penetrare. O si accetta o si ricusa.
Questa donna “... ha lottato nel contesto di una guerra, conoscendo la fame, la miseria”.(Pag.26). Eppure non si è data mai per vinta, finché la “brutalità degli uomini si avvera ... Tutt’oggi rimangono in lei delle ferite che neanche il tempo può rimarginare. Non essendo ancora pronta per divenire mamma, da quella violenza partorisce un figlio, unificando l’amore di madre a quel dolore che la trascina nella vergogna del paese e di quanti la conoscevano. E’ proprio questo dolore che la spinge al suicidio ...”.(Pag.26). Che cosa dire “quando le tolgono il bimbo che non è frutto dell’amore, ma solo concepito contro la sua volontà e voleva tenere con tutta la forza di giovane madre, anche se il padre si era perso nel nulla” ?(Pag.26). E’ proprio il calvario di una ragazza-madre che induce alla ribellione persino “l’opinione pubblica di quelle vallate dove la giovane donna con il suo mulo faceva la spola, portando legna, fieno...”. (Pagg.26-27). Orbene simile comportamento dell’allora giovane “mamma” Assunta può essere oggi additato indubbiamente quale luminoso esempio di grande fermezza d’animo e di intenso amore materno a quelle donne maggiorenni o minorenni le quali in analoghe indesiderate situazioni preferiscono sbarazzarsi della loro innocente creatura, non riconoscendola in ospedale oppure, peggio ancora, farne un fagotto e depositarlo in un contenitore di nettezza urbana o altrove, quando non decidono impietosamente di buttarlo nello scarico di un gabinetto o da chissà quale altezza di edificio. Abominevole!
La violenza fisica e psicologica, la vergogna nel paese, la scomparsa del padre del bambino, la sottrazione del minore che si uniscono dolorosamente alla tubercolosi, al rischio di una cancrena al ginocchio, alla costrizione di prendere marito, all’annullamento di matrimonio, alla morte del genitore e a tanti altri patimenti, inducono “mamma” Assunta spesso a farla finita con la vita, venendo sempre salvata in extremis da mani provvidenziali come quelle di “...una bambina che allora aveva dieci anni e che tuttora vive e si chiama Silvia delle Serre e da un ragazzo, cugino di Silvia, i quali tagliano la corda...”.(Pag.31).
Inoltre questa donna passa da un impiego di lavoro all’altro in diversi istituti pubblici dove conosce spesso gelosie e menzogne. Presta servizio anche in alcune famiglie borghesi nelle vesti di badante a persone della terza età.
Ella si trova persino ad “assistere il novantenne brigante Musolino che tanto fece parlare le cronache dell’epoca”.(Pag.38).
Per questa martire della vita “Le bufere erano dietro l’angolo pronte a colpire ancora... questa donna che, volgendosi al Padre Eterno, disse: “Ma cosa avrò fatto di male, per meritare questa vita?”.(Pag.42).
E’ una disperata domanda scaturita dal fatto che “... il suo bambino colpito da una infezione ai reni è grave e lei viene consigliata dai medici a portarselo a casa, poiché ormai gli rimangono pochi giorni di vita... Abbandonata a se stessa per la disperazione di perdere il figlio, unico scopo di vita, ritenta il suicidio, buttandosi da un terrazzo... Mentre è sul ciglio del precipizio all’improvviso una mano alla gola la indietreggia, lei si guarda attorno, ma non vede nessuno”.(Pagg.42-43). Tutto è circonfuso da un alone di mistero che non può non lasciare il lettore frastornato.
A questo punto la vita di “mamma” Assunta subisce una svolta decisiva in virtù della sua amica Agatina “la quale le dice che il Padre Eterno non vuole che lei faccia quella fine e le consiglia di andare a trovare Padre Pio che fino a quel momento non aveva mai sentito nominare...”. (Pag.43).
Come il lettore potrà notare, tale incontro, che avviene in un ambiente di intensa preghiera, di profonda riflessione e di sentita confessione, è assolutamente singolare sia per la straordinaria personalità dell’allora Padre Pio, oggi Santo, sia per Assunta Di Giorno, una creatura fortemente bisognosa di sostegno materiale e morale.
Dopo siffatto incontro dal quale è nata spontaneamente una spirituale intesa, l’A. continua a seguire “mamma” Assunta con grande stima nei suoi spostamenti, ultimo quello a Messina, presso la famiglia del commendatore Tertulliano.
Dopo tante vicissitudini “mamma” Assunta oggi vive con l’attuale marito Carmelo, una persona semplice e con tanta fede in Dio, che l’asseconda nei momenti di tristezza, nella contrada Marotta sulla collina di Curcuraci...”.(Pag.59). Tale contrada di Curcuraci “... è divenuta già meta di pellegrinaggio e qualcuno giunge persino a gridare ai miracoli!”.(Pag.59).
Indi l’ A., dopo avere narrato le tribolazioni riferite da “mamma” Assunta, passa a puntualizzare in dodici capitoli più o meno estesi i suoi incontri con quella che egli chiama con indimenticabile riconoscenza “salvatrice del mio percorso terreno”.(Pag.81).
Durante tali incontri l’A. espone con intensa emozione il percorso della sempre più approfondita conoscenza e salda fiducia in “mamma” Assunta alla quale egli ricorre in diverse circostanze difficili, per chiedere di pregare Padre Pio, acché interceda presso Dio ai fini di una propria o altrui auspicata guarigione.
Sono incontri sinceri, misurati, dignitosi avvenuti sin da quando all’ A., allievo presso il collegio della “Città del ragazzo” di padre Nino Trovato a Gravitelli, Messina, è apparsa per la prima volta, come una visione “mamma” Assunta. Infatti, “... noi ragazzi volevamo scoprire chi dietro ai cancelli mettesse cioccolata, caramelle, pan di cena, vestiti e altro. Decidemmo ...di nasconderci con lo sguardo fisso verso i cancelli d’uscita... D’un tratto vedemmo una figura di donna avvolta in un grande scialle in testa che le copriva anche il viso, avvicinarsi al cancello chiuso, con due enormi sacchi di stoffa bianca che posava dietro le sbarre e poi spariva nel nulla. Un colpo di vento però svelò a noi bambini che quella era “mamma” Assunta, confermatoci da un’ anziana signora che dal balconcino di fronte da tempo vedeva il ripetersi della scena”.(Pagg.65). L’ A., non contento di ciò, vuole conoscere meglio quella benefattrice. Difatti: “Caparbio volli conoscerla e aspettai il suo arrivo. Si avvicinò al cancello... ma questa volta nascosto dietro la siepe c’ero io. Uscii come un coniglietto spaurito e mi chiese: “Come ti chiami?” ed io risposi: “Carmelo”. Mi diede una immagine della Madonna e un bacio. Anche questa volta scomparve nel nulla da dove era venuta”.(Pag.65). Che vivacità descrittiva e genuinità di sentimenti!
L’A. con coraggio e nel contempo con disarmante candore racconta episodi della propria esistenza farcita da esperienze vissute con grande angoscia, cercando di arginare onde tracimanti di un destino talora arcigno.
Tuttavia egli lotta con tutte le forze di cui dispone, ricorrendo fiduciosamente a “mamma” Assunta divenuta “figlia spirituale” di San Pio.
Il lettore quindi attraversa un testo non solo grondante di disperazione, di povertà, di ignoranza, di egoismo, di pregiudizi, di paura, di sfiducia ma anche di solidarietà, di preghiera, di speranza. Per questi motivi il testo suscita diverse onde emotive che fluttuano e sbattono con varia forza tra gli scogli spigolosi della vita, mentre gli spruzzi si perdono nell’infinito
Da ultimo va notato che lo stile di Carmelo Coppolino Billè è tipico della parlata quotidiana la quale possiede per sua natura una particolare vivezza espressiva.
San Filippo del Mela, 30/01/2007 Giuseppe Anania


“La fede e la ragione sono
come due ali, con le quali
lo spirito umano s’innalza
verso la contemplazione
della verità”
PAPA GIOVANNI PAOLO II






“MAMMA” ASSUNTA
E’ nata a Verbicaro, un Comune della provincia di Cosenza, un angolo della Calabria, attorniato dalla valle e dal piccolo Comune di Orsomarso, dove i ricordi si arrampicano nel tempo, facendo rivivere quelle zone che hanno visto oltre i natali lo stesso svezzamento di lei i cui occhi pieni di lacrime conservano ancora quei momenti di vita che l’ hanno allacciata come un cordone ombelicale alle radici della sua terra e della sua gente. Con lo sguardo nel vuoto rivive il passato che è stato una tortura nel proseguimento degli anni. Infatti si parla del 1930, la sua data di nascita. E’ figlia di una famiglia con nove figli. Suo padre, pace all’anima sua, col vizio del bere, divenendo alcolizzato e manesco, le toglieva dal vivere quella parola che si chiama “sorriso”, che mai ha avuto la fortuna di vedere approdare sul suo viso. Specie in quel periodo in cui l’Italia gridava fame per la guerra. Inoltre non solo la terra calabra ma anche tutto il Meridione d’Italia, pur possedendo molte bellezze naturali che rimangono un ricco patrimonio del nostro Paese, avevano fame di lavoro per i giovani con un futuro incerto.

La guerra del 1939-1945, fu un momento durissimo per la gente ormai provata dal caos in cui il nostro Paese si era immesso. Ad Assuntina, ancora quindicenne, il mondo crolla addosso. Sentiva spari, odore di morte in ogni angolo della sua terra natia, in una cornice di orrore ove l’ambiente parlava del passato.
Proprio quel passato si tuffa nel presente, facendo emergere la vera esistenza di Assunta e non solo di essa.
Frantumando, insieme con il dimenticare in fretta, i segni lasciati sotto l’egida del suo essere donna, cercava nel tempo di rammendare quanto si era scucito, magari rattoppando quelle ferite ch’erano ben visibili. Senza poter mostrare il suo essere donna, come un vestito lacerato attraverso il quale si intravedono le carni, ella si estraniava sempre più in quel presente, senza una visione adatta.
Conserva tutt’ora vivi i ricordi dentro gli occhi che hanno visto, tacendo, l’orrore della guerra e quelle torture che fecero di lei una martire ancor bambina alla ricerca della favola o di quei racconti leggendari di cui la mente di una bimba si nutre, sigillando il lieto fine del principe azzurro sul cavallo bianco, quindi divenendo la principessa di un sogno. Invece, disturbata dalla malvagità di taluni uomini, si vedeva immersa in quella realtà non fiaba e nemmeno sogno. La fantasia trasportata da un lieve soffio di vento scompariva all’orizzonte, incrociando eventi e ferite che sanguinanti hanno accompagnato il dopo.
“Mamma” Assunta non ha mai potuto cancellare questo passaggio della sua giovinezza, perché, anche se giovane, doveva interpretare la parte dell’adulta. Questo è terribile e difficile per una bambina in quel tratto di vita rubato alla sua innocenza. Il vivere quotidiano la vedeva sempre artefice, additata ed insidiata nello stesso tempo dalla cattiveria di alcuni uomini. Rimanendo forte nello spirito, malgrado le troppe cadute, sempre riusciva a rialzarsi per quegli ideali che costruiva solo con la fantasia o apparivano nei sogni di bimba.


Già da piccola aveva il dono di percepire quanto succedeva ai suoi compaesani morti in guerra, additandoli con nome e cognome. Si confidava solo con sua cugina Cettina ed insieme andavano alla posta dove appuravano la verità per mezzo del fonogramma. A casa, se alla madre raccontava qualcosa inerente ai fonogrammi, veniva duramente bastonata. Tutti i giorni questa vita. Quello che colpisce di più sua madre, che da quel momento non la picchia più, è la morte dei fratelli Michele e Giuseppe Laurenzi. Nelle sue apparizioni Assunta vede Michele calzare un paio di stivali lucidi. Lo dice a sua madre la quale per reazione le prende la testa e gliela sbatte al muro. Come sempre lei e la cugina Cettina alla posta apprendono la morte dei fratelli Laurenzi. La notizia si è sparsa subito, tanto che partono l’arciprete e il sindaco a portare il fonogramma ai genitori dei Laurenzi. Passano davanti la casa di Assunta. La madre è intenta a pulire il marciapiede e Assunta le fa notare che questi portano il fonogramma. La madre perplessa si rivolge alla figlia: "Come fai a sapere queste cose? Chi sei?". La madre le confessa a questo punto che, da quando è nata, lei non è stata più bene in salute. Queste parole hanno lasciato un segno di dolore e di rimorso che ancora oggi echeggiano nel suo spirito. Si domanda cosa ha avuto sua madre di tanto grave da farla stare male. Non ha mai trovato una risposta ben precisa.
Tra un racconto e l’altro il pensiero di “mamma” Assunta approda a un episodio accadutole insieme con la sorella Dora. La fame imperversava e neanche il cuore di una madre poteva arrestare quei momenti e quindi incitava le figlie ad andare nell’alta montagna dove c’era gente che lavorava. Ben sei ore per arrivare lì da Verbicaro! In una delle tante andate Assunta è morsa al piede da un serpente. Dora, dettata dalla voce tremante di Assunta, stringe un laccio intorno alla ferita, cerca una pietra tagliente e con il coraggio di un’adulta la scaglia con forza sulla piccola ferita e fa fuoriuscire il sangue avvelenato. Poi si avviano verso casa. Spaventate e atterrite raccontano quanto avevano vissuto, chiedendo alla madre di far vedere la ferita ad uno dei tre medici di Verbicaro. Ma la madre prontamente risponde che non ne vale la pena, perché la ferita sarebbe guarita. Invece la realtà era ben diversa. Passano sei mesi e la gamba di Assuntina si stava storcendo. Qualcosa di serio quindi era successo. Malgrado il dolore del piede e di tutta la gamba, lei continuava a salire su quei monti, per portare da mangiare agli uomini. Era tanta la fame che neanche il loro cuore si accorgeva che le due bimbe non avevano mangiato nulla. La fame in esse imperava ed erano costrette a raccogliere e mangiare di nascosto ciò che gli uomini buttavano.

La gamba continuava a peggiorare talmente che chiunque la vedesse, le chiedeva che cosa avesse avuto. E’ così che si decide di andare dal nonno paterno il quale le pratica impacchi di bicarbonato e di limone e in tal modo piano piano essa incomincia a migliorare. Ricorda tra l’altro che alle sventure accidentali si accavallavano quelle della famiglia. Quando non era pronto da mangiare, era trattata molto male.
Assunta continua con uno scioglilingua, come se i fotogrammi le passassero davanti agli occhi lucidi e alle sopracciglia arricciate per quello che ha dovuto vedere e subire nella sua vita, cercando di reagire come una barca alla deriva nelle onde tempestose del mare. A questo punto si evince che questa donna parla con i morti; che le visioni della Madonna sono sempre presenti in ogni angolo della sua vita, ma sempre utilizzate per distribuire del bene all’umanità. Continua a sfogliare la mente intasata da questi avvenimenti. Ricorda che era molto piccola, aveva sei o sette anni. Attratta da queste visioni, era sospinta, non sapremo mai da che cosa, ad avvicinarsi alle tombe e colloquiare con i defunti, vederli magari vissuti in epoche diverse ma che facevano di lei la portavoce di qualcosa di strano ma anche di miracoloso, perché forse lei si muoveva senza volerlo e magari si ritrovava senza saperlo in quel luogo dove sta scritta per i terreni la fine, anche se lei sa benissimo che la fine non è, in quanto la materia continua il suo corso, trasformandosi in tante piccole cellule. Ancora una volta, si ripete, lei non è la causa dei malanni di sua madre. Ella ripassa in mente i momenti in cui un giorno sua madre si sente male e con voce innocente le chiede se può essere di aiuto. La madre le risponde che è ancora troppo piccola. La figlia insiste tanto che la madre le dice che desidera semplicemente una po’ di caffè. La fanciulla non sa a chi chiederlo né dove prenderlo e si rifugia nella sua stanza, inginocchiandosi in preghiera davanti al quadro della Madonna del Petteruto. Ad un tratto, senza sapere come e perché, Assunta cade a terra, apparendole in visione la Madonna del Quadro che dialoga con lei come se fosse una figura familiare e le chiede dove possa prendere il caffè. Queste le parole della Madonna: "Va’ da Margherita Ogliastri e dille che ti mando io. Nella soffitta c’è una cassa con biancheria e sotto troverai una scatola di caffè". Tutta sudata si alza da terra e non vede l’ora di raccontarlo a sua madre la quale chiede come sia la Madonna e se l’abbia vista con una macchia rossa di sangue procurata da una coltellata. Si avvia da Margherita, la trova intenta a cucinare e le racconta quanto le era accaduto. Margherita le risponde che da anni non possiede caffè, ma, uditi tutti i particolari, invita la giovane a salire in soffitta con lei. Aprono la panca e sotto la biancheria c’è veramente il caffè. Tutto il paese viene a conoscenza di questa visione e del caffè ritrovato.
Ora si accinge a parlare della sorella Dora, alla quale era molto legata, un fiore di bellezza conservato dagli occhi che l’ hanno vista. Così continua: "Il 7 giugno 1940, siamo andate a raccogliere il grano. Mentre eravamo intente al nostro lavoro, mi giro e la vedo pallida in viso e sudata. Le chiedo se sia stata morsa da qualche serpente e lei con una fievole voce mi risponde: "Chiama papà". Assunta allarmata chiama suo padre il quale accorre per soccorrere Dora alla quale chiede se sia stata morsa da qualche animale. Niente di tutto questo, anzi la giovane risponde che le era apparso un uomo bellissimo, il quale le aveva predetto che fra trenta giorni sarebbe dovuta morire. Il padre la riporta a casa e da quel momento incomincia il calvario di Dora.
Un giorno, vanno a casa di Stefana Bellucci colei che l’aveva battezzata e Dora le chiede: "Se mi sposerò, mi regalerai il tuo abito da sposa?", Stefana a questa richiesta rimane scioccata e, per non scontentarla, prende il vestito e glielo fa provare. Il 6 luglio, sabato mattina, Dora chiede a papà di comprarle un paio di scarpe bianche. Il padre cerca di accontentarla. Va al mercatino del rione e le compra un paio di scarpe non bianche ma di colore avana chiaro. Durante la notte il padre la sorveglia insieme ad Assuntina. Ad un certo punto Dora allontana papà con la scusa di andarle a prendere un bicchiere d’acqua e incomincia a pregare: "O bella mia Maria, o cuore mio Gesù, Vi do il mio cuore che io non voglio più. Spirito Santo, mio amoroso, dal cielo una grazia voglio. Dal cielo una grazia aspetto. Dal cielo una grazia voglio. Fammi la grazia!". Ripete questa supplica per ben tre volte. Gira gli occhi in cielo e ad Assunta sembra già morta. Assuntina si mette a gridare presa dalla disperazione. Accorrono tutti, ma si rendono conto che Dora ancora respira. Prendono Assunta e la bastonano. .............................. (segue)


IL MIO PRIMO INCONTRO CON “MAMMA” ASSUNTA

Una donna “mitica” diviene ancor più difficile, se non si riesce a penetrare dentro lei che ha un’anima ed un corpo come tutti i mortali. Lo sguardo rapito di lei diviene un focolaio di espressioni che toccano l’anima. Padre Pio, il Santo dell’amore dei popoli, Colui che ha sofferto tanto nella vita terrena, “parla” con questa donna!
Sembra un film d’altri tempi che la mente ha registrato, portandosi dietro il ricordo di questa donna. Tornando indietro nel tempo, ritrovo quella vita trascorsa a braccetto con me, che di certo non ho scelto io, ma quella natura che, ancor prima di farmi sbocciare, mi ha fatto divenire un fiore privo di vaso e senza una goccia d’acqua, per poter proliferare e sorridere al mondo come un germoglio rivolto verso il cielo. Erano gli anni del bisogno di una carezza, di un bacio. Tanti sogni da bambino appaiono e poi svaniscono, mescolati con la fame della ricerca del vero. Ancor giovane e con le idee confuse abbandonai la scuola, mentre frequentavo la prima media alla “Juvara” nella città di Messina. Come vorrei tornare bambino con la coscienza di oggi! Quella responsabilità diveniva troppo grande per i miei genitori adottivi che avevano preso l’impegno con lo Stato di accompagnarmi come un figlio alla meta più soddisfacente, accontentandomi in tutto, e insegnandomi l’amore per il prossimo......... (segue)

HANNO SCRITTO DI LEI

Nel 1980 Il giornalista Giuseppe Antimi corrispondente della “Sicilia” di Catania, scriveva a lettere cubitali quanto segue:
- "Un fenomeno che va al di là delle frontiere della mente. Da anni un’umile popolana si prodiga per i sofferenti. Tramite la sua persona Padre Pio guarisce i malati>>. Mamma Assunta si considera messaggera della volontà del defunto francescano. Un tramite. Di eventi insoliti ne sono accaduti molti. Il medico che mamma Assunta aveva da ragazza, a Verbicaro di Cosenza, suo paese natale, sembrava impazzito, da manicomio. Assunta lo disse in visione a Padre Pio e ne ebbe assicurazione. Quel medico è tornato in sé. C’è stato il giovane Mario recuperato da una incurabile malattia; un altro giovane, di Modena, scampato all’amputazione di una gamba. Una casistica che, raccolta in un dossier, è all’esame dell’ autorità religiosa. Mamma Assunta non preme, né si vanta facendo nomi ed occasioni. Tutt’ al più, mostra le montagne di lettere che arrivano da mezzo mondo, essendo la sua fama ormai diffusa; ed i segni della presenza di Padre Pio in casa: le immagini di lui spuntate su un pezzo di stoffa, la croce formatasi su una zucchina, mentre distribuiva un pranzo ai poveri (cerimonia abituale nella cascina del Villaggio Curcuraci anche per i minorati), la cera delle candele scioltasi di colpo sotto il quadro del frate ed indurirsi raffigurando la sua immagine.

Nel 1983 all’età di 53 anni “mamma” Assunta è stata intervistata dal giornalista Gaetano Saglimbeni corrispondente allora del mensile “Gente” che le riservò ben due pagine di cronaca inerenti le visioni e la vita di questa Calabro-Sicula. Tra le tante cose scritte si evince:
- "Sono la figlia spirituale di Padre Pio", sostiene la donna che da trent’anni vive nel culto del frate. "Con il suo aiuto" dice Assunta, "noi vogliamo continuare la sua opera a favore della gente che soffre. Io ho un dialogo costante con lui. Gli sottopongo con fede i casi degli ammalati e di coloro che si rivolgono a noi, e invoco la sua intercessione". Ha fondato due gruppi di preghiera, uno a Curcuraci e l’altro a Modena”. Assunta di Giorno ha 53 anni. La stessa continua col dire: "Un altro centro l’ ho creato a Modena dove sono vissuta per tanti anni e dove ritorno spesso. La mia casa, qui come a Modena, è a disposizione dei devoti di Padre Pio, ma soprattutto dei bisognosi, dei sofferenti, degli handicappati. A questa povera gente l’umile frate ha dedicato la sua vita, e noi, con il suo aiuto, vogliamo continuare la sua opera"... "E noi vorremmo che altri centri come questo sorgessero in tutte le parti del mondo ad iniziativa dei devoti di Padre Pio, in suo nome e col suo aiuto. Le difficoltà, purtroppo sono tante. Noi in anni di lavoro abbiamo potuto far poco. Ma lo abbiamo fatto con tanto amore, mettendo le nostre case a disposizione della gente che soffre". La casa di Assunta di Giorno a Curcuraci, è una villetta circondata dal verde. Un grande salone a piano terra che fino a pochi mesi fa era un cantinato, e sei camere, tutte rimesse a nuovo oltre ai servizi. Lei dice: "Il nostro gruppo di preghiera si riunisce qui, ospitiamo ammalati, handicappati, ragazzi sbandati che qui ritrovano la fede, la serenità, riprendono fiducia nella vita. Padre Pio guarda a questa nostra piccola comunità con grande amore: ci guida, ci assiste, ci sostiene. Io ho un dialogo costante con lui. Gli sottopongo i casi di ammalati che si rivolgono a noi con fede, invoco la sua intercessione. Il frate mi appare in sogno e mi dice. "Le tue mani e la tua fede Assunta carissima, possono far miracoli". Ed i miracoli avvengono sotto i nostri occhi. Ma io non mi considero affatto una guaritrice. Faccio semplicemente da tramite tra gli ammalati e Padre Pio. I miracoli li compie lui, il frate Santo". Sono in molti a giurare di aver visto, in questa casa, prodigiose guarigioni. Giuseppe La Rosa un camionista di Santa Marina di Milazzo, assicura che le due sue figliole Rita e Graziella, oggi di 18 e 17 anni, sono guarite di leucemia, quando erano ancora bambine, grazie all’intercessione di Padre Pio; Angelo Tarvani, un cassiere di banca pure di Milazzo dichiara che sua figlia Luana, oggi tredicenne, ha ottenuto la guarigione da un carcinoma che i medici giudicavano irreversibile; e una ex suora calabrese che ha abbandonato il convento per dedicarsi con la signora Assunta ai sofferenti, testimonia di aver visto una ragazza emiliana di Sassuolo, Gina, paralitica dalla nascita, abbandonare le stampelle e uscire da questa casa con i suoi piedi, tra la gente che gridava al miracolo. Vengono da ogni parte d’Italia per essere “toccati” dalle mani di questa “Figlia spirituale di Padre Pio” (come lei ama definirsi). Assunta di Giorno ha per tutti una parola di speranza, li invita ad aver fede, a pregare. E’ lei a guidare le preghiere collettive, con voce vibrante e gesti solenni, nella piccola cappella ricavata da un angolo della vecchia cantina.

Al compimento del settantesimo anno di età di “mamma” Assunta, il giornale “Il Cartellone”, scrive tra le righe di appuntamenti a Messina e dintorni:
"Fare del bene e predicare la felicità del Vangelo diventa così una missione, proprio come per Assunta Di Giorno, meglio conosciuta come mamma Assunta. Figlia spirituale di Padre Pio, Assunta, per settanta anni, tanti ne ha compiuto alcuni giorni fa, ha fatto della sua vita un cammino spirituale di dolcezza e comprensione. La sua casa è aperta a tutti. Bambini, giovani ed anziani bussano alla sua porta in cerca di uno sguardo che riscalda, di un abbraccio che rincuora e di una parola che rafforza. La sua casa famiglia di accoglienza costruita con tanti sacrifici in onore del frate di Pietrelcina è un via vai continuo di gente che giunge a qualunque ora mentre il telefono squilla incessantemente.
La sua disponibilità è sorprendente e la sua pazienza immane, mentre tutta la sua persona trasuda di benevolenza. Impossibile non augurare ad una persona tanto amabile che l’unico suo scopo è fare del bene agli altri, di vivere lungamente, perché è di quelli come lei che l’umanità ha bisogno. Grande donna, dalle mille qualità, Assunta è speciale in quanto donna, amica e confidente che con immensa generosità si dona alle lodi e alle critiche di chi ancora non ha avuto la fortuna di conoscerla. Ma c’è sempre tempo per questo... Lei è sempre lì, in quella splendida casetta di Curcuraci che aspetta solo di dare il suo modesto contributo per renderci più sereni e appagati con noi stessi".





Carmelo Coppolino Billè

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